Franco Albini. Rigore e poesia.

È stato uno dei designer e architetti italiani più talentuosi del XX secolo. Uno dei maestri protagonisti della storia del progetto italiano che hanno reso noto il design nazionale nel mondo.

Franco Albini è stato un progettista completo, la cui opera spazia dall’edilizia al design, dagli allestimenti all’urbanistica.

Si laurea nel 1929 in architettura al Politecnico di Milano e inizia la sua carriera lavorando al fianco di Gio Ponti, grazie al quale entra in contatto con l’architettura internazionale, all’Esposizione Internazionale del 1929 di Barcellona, dove Gio Ponti curava il padiglione italiano e Mies van der Rohe, insieme a Lilly Reich, realizzava quello della Germania, e a Parigi dove ha modo di visitare lo studio di Le Corbusier.

Nel 1930 lascia lo studio di Gio Ponti e apre il proprio insieme a Renato Camus e Giancarlo Palanti. È in quegli stessi anni che Albini entra a far parte della scuola milanese di designer e scrittori impegnati a definire un approccio tipicamente italiano allo stile internazionale razionalista. Primo fra tutti Eduardo Persico, editore di Casabella, la cui figura segnerà una vera svolta di Albini verso il razionalismo.

I primi lavori di Albini, insieme a Camus e Palanti, sono progetti di edilizia popolare, poi, nel 1938, lavora a Villa Pestarini, una delle più interessanti case del razionalismo italiano, che diventerà un simbolo dell’architettura italiana di quel periodo.

Villa Pestarini. Foto di Federico Torra via domusweb

Allestimenti

Ma è soprattutto negli allestimenti di mostre che il maestro sperimenta quel dialogo tra “rigore e fantasia poetica” (Giuseppe Pagano) che caratterizzerà tutta la sua opera.

Alla VI Triennale di Milano del 1936, Albini, insieme a un gruppo di giovani progettisti milanesi, si occupa della “Mostra dell’abitazione” nell’ambito della quale viene presentato l’arredamento di tre alloggi tipo.

Stanza per un uomo, VI Triennale di Milano, 1936 ©Fondazione Franco Albini

In quest’occasione Albini realizza la Stanza per un uomo che è la sintesi di una nuova idea di abitare. Si tratta di un piccolo ambiente dimostrativo, di 27 mq, pensato per un uomo moderno, sportivo. C’è in questo progetto una sottile ironia nel riferimento al mito fascista dell’uomo atletico e sportivo, ma è anche un modo per riflettere sugli alloggi a basso costo, sulla possibilità di vivere in uno spazio compatto dove i servizi essenziali siano facilmente accessibili.

Albini qui sperimenta con le innovative applicazioni della gommapiuma prodotta dalla Pirelli con cui viene realizzato il materasso, collocato su una struttura in acciaio a 2 metri da terra. Sotto al letto è collocato un vogatore per gli esercizi quotidiani, mentre la scala che porta al letto funge anche da appendiabiti.

Altri elementi di assoluta modernità sono il lavabo sospeso su esili tubi in acciaio e il box doccia totalmente trasparente.

Uno spazio attentamente studiato, dove nulla è lasciato al caso, una cura maniacale per i dettagli. Albini predilige i materiali industriali come il tubolare d’acciaio, la gommapiuma, il linoleum e il vetro. E tuttavia li mette in dialogo con l’architettura tradizionale quando riveste la parete di fondo della stanza in beola.

Altro allestimento importantissimo nella carriera di Albini è la Stanza di soggiorno in una villa, realizzata in occasione della VII Triennale di Milano, nel 1940.

Stanza di soggiorno in una villa, VII Triennale di Milano, 1940 ©Fondazione Franco Albini

È un ambiente quasi surreale e incredibilmente suggestivo, in cui è costante il richiamo alla natura: l’albero posto al centro della stanza e che prosegue sino al piano superiore, la voliera per uccelli e il prato come pavimento, coperto da lastre di vetro.

Per questo ambiente Albini disegna alcuni arredi che diventeranno emblematici, come le poltrone Altalena e il prototipo della poltrona Fiorenza, che entrerà in produzione negli anni ’50.

Il design

Tra i tanti arredi progettati da Albini, uno di quelli che meglio incarnano la sua filosofia progettuale è la libreria Veliero, del 1940.

Realizzata in legno di frassino, ottone, acciaio e piani sospesi in cristallo, la libreria è un esperimento per utilizzare la minore quantità di materiale possibile. Quasi una scultura aerea, su cui i libri sembrano fluttuare. È Franca Helg, sua futura collaboratrice, a darle il nome di “Veliero”, per la sua somiglianza con il sartiame di una nave.

La casa di Franco Albini in via De Togni a Milano ©Fondazione Franco Albini

L’unico prototipo del Veliero viene montato nell’appartamento milanese di Albini ma crolla non molto tempo dopo. Solo nel 2011 viene messo in produzione da Cassina.

Altro capolavoro è il Mobile Radio in vetro Securit (1938). L’idea base è quella di rendere visibili le componenti interne della radio incastrandole tra due spesse lastre di vetro. Elimina quindi il rivestimento in legno tipico dei tradizionali mobili radio, smaterializza il contenitore per mettere in scena il contenuto.

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta Albini raggiunge la sua massima espressione nel disegno degli arredi realizzando progetti elaborati e perfezionati per anni, come ad esempio la poltroncina Luisa (1950) con cui vince il Compasso d’oro nel 1955, il tavolino Cicognino (1952), la libreria LB7 (1957) e la poltrona Fiorenza (1952).

Poltroncina Luisa (1950) ©Fondazione Franco Albini

La tradizione

Per quanto sia un fiero modernista, Franco Albini ama la tradizione artigianale italiana e si diverte a sperimentare con materiali poveri e semplici.

Tra i suoi preferiti ci sono la malacca e la canna d’india, materiali simili al rattan, particolarmente diffusi nel sud Italia, dove vengono intrecciati per realizzare cesti e lettini per alberghi e case di villeggiatura.

Albini si rende conto che la radice di malacca può essere utilizzata per produrre sedute robuste e confortevoli, utilizzando le tradizionali tecniche di intreccio. A partire dai primi anni ’40, e durante la seconda guerra mondiale, quindi, sperimenta con entusiasmo l’uso di questo materiale senza tuttavia cercare di reinventarlo in forme rette, tipiche del linguaggio razionalista, ma assecondandone le linee curve e l’elasticità.

Nel 1951, affiancato da Franca Helg, entrata quell’anno nel suo studio, Albini porta a termine i prototipi della poltrona Margherita, che viene esposta alla Triennale di Milano nell’ambito di una collezione di mobili da lui realizzata per La Rinascente insieme a Gino Colombini ed Ezio Sgrelli.

Poltrona Gala (1951), ©Fondazione Franco Albini

Albini e Sgrelli collaborano anche alla progettazione di una seconda sedia in malacca e canna d’india, la Gala, anch’essa esposta alla Triennale del 1951.

Quattro anni dopo, entrambe le sedie vengono messe in produzione da Bonacina. Albini e Helg continueranno a progettare molti altri oggetti con questi materiali, tra cui sgabelli, divani, tavoli, altre sedie e un cavallo a dondolo per bambini.

Metropolitana di Milano

La Linea Uno della metropolitana di Milano (1962-1964) è stata una sfida progettuale ardua e ha rappresentato per Albini un’allettante opportunità per migliorare la qualità della vita dei suoi concittadini.

Il progetto degli interni e delle finiture per le stazioni della linea 1 e 2, già definite nella loro struttura, viene realizzato da Franco Albini, Franca Helg e Antonio Piva, insieme al grafico Bob Noorda che si occupa della segnaletica.

Linea 1 della metropolitana di Milano (1962 - 1964) ©Fondazione Franco Albini

I progettisti si pongono come obiettivo quello di creare una continuità visiva nelle singole fermate. Ci riescono grazie alla scelta di dettagli come il colore rosso del corrimano in tubolare metallico, che si contrappone al grigio dei pannelli in pietra artificiale con cui vengono rivestite le pareti.

Linea 1 della metropolitana di Milano, dettaglio del corrimano Fonte

Il progetto vince il Compasso d’oro nel 1964 e viene preso ad esempio per molte altre metropolitane in Europa, Asia e Stati Uniti.


Grazie per aver letto fin qui. Spero di aver soddisfatto, almeno in parte, la tua curiosità su questo grande maestro del design italiano.

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Giada Daniele

Giada Daniele